Prima la vedi dall’alto, dietro un vetro. Studio da ritrattista a San Francisco, luce morbida, fondali di seta, clienti ben pettinati. Poi lo sguardo scivola fuori: cappelli logori, mani in tasca, uomini in fila ad aspettare un lavoro qualunque. Non una scena. Un urlo muto. In quell’istante Dorothea capisce che la fotografia, se resta chiusa in studio, mente. Esce. Cammina con la sua gamba ferita dalla poliomielite. Scatta “White Angel Breadline”. Non consola. Accusa.