Dialogo tra antico e moderno

Musiche da un folclore immaginario
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Dialogo tra antico e moderno

In via Marsala 13 a Milano  Cavalis Lacerenza, una delle gallerie milanesi tra le più affascinanti ed affermate, specializzata in Antichità classica e oggetti d’arte, ha ospitato la mostra dal titolo “COLLECTIVE EXPOSITION”. Un percorso d’arte tra antico e moderno che si snoda all’interno delle tre grandi sale espositive.

Le opere esposte si propongono come strumento per collegare la ciclicità del tempo e della storia sino ad arrivare a quello della vita di ciascuno di noi. Sono in mostra opere di Paul Kostabi, Giacomo Linari e contaminazioni di Simone Torri che, attraverso i suoi linguaggi e la sperimentazione di numerose tecniche, arriva oggi a presentarsi con uno stile ben riconoscibile e maturo che lo posiziona all’interno del mondo dell’arte quale conoscitore di tecniche pittoriche, tecniche d’arte materica ed impostazione compositiva omogenea dei vari livelli pittorici. Un  vero e proprio excursus tra antico e moderno che dimostra come l’arte antica sia stata un punto di riferimento per gli artisti contemporanei. Infatti, sempre più spesso, l’arte contemporanea si ritrova a invadere gli spazi di quella antica.

Il ruolo dell’arte contemporanea nella riflessione su temi universali stabilisce una narrazione che riporta in superficie la stratificazione di miti, di solitudini e inquietudini a cui l’artista dà forma attraverso una nuova epica dagli accenti gravi come l’oscurità del nostro tempo. Egli bilancia il tutto con energia, luce sprigionata dall’utilizzo di colori accesi e dalle tematiche sempre ben delineate e presenti quali la poetica del mare a cui è legata la metafora della vita vista come un viaggio per riscoprire le proprie origini, per sfuggire a qualcosa, un viaggio su una barca che simboleggia potenza in quanto permette all’individuo di governarla e in un certo senso di controllare il proprio destino, l’orizzonte della vita. Il legame e il nesso con l’antico è qui creato attraverso l’uso e la ripresa di colori di un tempo e dall’impostazione del codice multiplo, producendo però nuovi significati e nuove letture. 

I temi futuristi, nella ricerca personale di Simone, sono spunti di approfondimento, infatti pur analizzandoli nel suo essere sono visti in un modo nuovo in quanto sono considerati soprattutto per quello che comunicano. Chi guarda i suoi lavori è portato ad osservarli in modo personale senza esserne influenzato.

Simone Torri ha dedicato ampio spazio alla realizzazione di quadri materici, essi sprigionano una forza comunicativa del tutto nuova e particolare, osservandoli attentamente presentano parti tridimensionali che sembrano uscire dal dipinto, ne è esempio quello che raffigura Shaka primo sovrano dell’impero Zulu vero e proprio genio militare, una sorta di Napoleone africano, condottiero ed imperatore.  Come pure la madre Nandi che è stata una figura importante per la storia di questo popolo in quanto è la rappresentazione identificativa della saggezza. La presenza dell’uccello del fuoco, simbolo dell’amicizia tra dei e uomini, è metafora del destino ed emblema di potenza e vita specialmente per le tribù africane. Anche la tigre, qui presente, rappresenta la vita, incarna lo spirito per raggiungere e fare progressi, è il re degli animali. Elementi naturali quali radici, foglie, arbusti e piante ricordano il legame dell’artista con la giungla del Borneo, foresta pluviale di pianura situata nella parte meridionale dell’isola del Borneo nel sud est asiatico una magnifica isola tra Malesia, Brunei e Indonesia, un’isola fantastica dove  ha vissuto per sei mesi.

Un’altra caratteristica di Simone è l’importanza  data alla realizzazione e all’utilizzo di inserti quali carte, stoffe, gesso, colle che vengono inseriti in sporgenza creando spessore e rilievo; grande cura è pure data alla preparazione della tela col gesso seguendo le tecniche antiche. Di rilievo è il dipinto dedicato alle carte da gioco, che fa parte di una serie ispirata alle Minchiate fiorentine, nate a Firenze nel XVI secolo e al giorno d’oggi non più utilizzate. Il mazzo di 97 carte è strettamente imparentato con quello dei tarocchi, ma contiene un numero maggiore di trionfi. Questo lavoro appartiene ad una serie di 100 tele alle quali l’artista sta lavorando. In alto ai lati del quadro si notano parti di una carta da gioco strappata  raffigurante il seme di fiori.

Nel quadro sono inserti dei pennelli e matite che diventano strumento di battaglia. Sullo sfondo vi è Ali Babà con l’imbarcazione che simboleggia il viaggio.  La storia narra  la sua discesa negli inferi della terra per trovare fortuna. Per lui, come per gli altri protagonisti, la figura femminile sarà determinante per risolvere la vicenda in positivo. L’artista mette sulla tela quindi la voglia di evadere attraverso la metafora del sogno e del destino.

Come diceva Pollock: “l’arte è azione di autoscoperta”, ma al tempo stesso affermazione del proprio essere.

Silvia Ceffa

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